Matera e Venezia, due città speciali, così uguali e così diverse nelle loro bellezze da rappresentare lo yin e lo yang dell'architettura.
Forse l'unico elemento che le accomuni è la dimensione pedonale. I veicoli a motore le possono solo lambire, attraversare accidentalmente, ma non possono mai possederle del tutto.
Il ritmo della vita scorre a piedi, la fatica dei saliscendi, la sorpresa degli scorci che non riescono mai a divenire abitudine.
Sono due città che condividono la stessa grammatica, ma che hanno sviluppato due racconti che si compenetrano come lo yin e lo yang, il Nero e la Luce.
La bellezza di Matera si fonda sulla semplicità della pietra su cui è, con cui è, costruita. La sua storia ha conosciuto come massimo splendore il primato su un'area rurale per poi sprofondare nel buio della notte della storia, dimenticata dagli uomini.
Il lento riemergere dall'oblio a tappe forzate ha riconsegnato agli uomini un esoscheletro con cui lavorare per rimodellare una nuova città. Come una tela vergine su cui sta rinascendo un nuovo capolavoro. Una città rimasta a misura d'uomo e di pensiero in quanto esentata dal logorio giornaliero della modernità.
Sembra difficile affermare che Venezia si possa specchiare nella bellezza di Matera, il belletto che secoli di opulenza hanno lasciato sul volto della città maschera i tratti comuni. Solo percorrendo le calli nella parte popolare della città si possono sentire le assonanze tra le anime di queste due città solo così apparentemente lontane.
Eppure anche Venezia, città mai dimenticata dagli uomini, sempre sotto i riflettori è stata tradita. La sua voce non è ascoltata da nessuno, soffre in silenzio mostrando un sorriso malinconico sotto gli occhi di milioni di turisti plaudenti. Spolpata della propria linfa vitale rischia di inaridire circondata dall'acqua della laguna.