Si dice i 5 sensi, in effetti si può sentire un suono, un sapore, una superficie, un odore, e sono quattro.
E la vista? Possiamo sentire un colore, un oggetto in distanza? Forse si, ma dobbiamo spingere il concetto di sentire, dobbiamo andare in direzione del trascendente. Sentiamo un colore nello stesso modo che proviamo un sentimento, anzi spesso sono associate come sensazioni.
È strano: il senso più oggettivo, quello più abusato al giorno d’oggi non può essere sostituito dal termine generico. Vedere non può essere sostituito da sentire senza uscire dal campo della realtà oggettiva ed entrare nel campo dei sentimenti e delle sensazioni, dell’opinabile, del trascendente appunto.
Siamo talmente dipendenti dalla vista per rappresentare la realtà che la giudichiamo insostituibile, tanto che chi ne è privato si dice che sviluppa gli altri sensi per compensare la vista.
Tutto questo mi fa pensare che in realtà i sensi dovrebbero integrarsi tra di loro, alternarsi, dovremmo essere in grado di selezionare quali usare in maniera prevalente a seconda delle situazioni.
Per assurdo la vista, giudicata così importante si fa spesso distrarre dagli altri sensi. Provate a guardare un programma televisivo senza audio. Immediatamente il linguaggio del corpo prenderà il sopravvento e comunicherà in maniera inequivocabile ciò che in fiume di parole sta cercando di occultare.
Forse la vista è un controsenso, è il controsenso. Il canone inverso, la trama che ci semplifica la vita, il filtro di una realtà troppo complesso apre essere analizzata contemporaneamente da tutti i 5 sensi. È il senso della distanza, il meno coinvolgente, il più veloce da distogliere, il più facile da interpretare. Il più neutro.
La vista, il controsenso per definizione.